Dichiarazione di successione: Accettazione-Rinuncia dell’eredità

ACCETTAZIONE EREDITA'

L’accettazione dell’eredità ex art. 459 c.c. è lo strumento mediante il quale il chiamato all’eredità (v. art. 457 c.c.), in forma espressa o tacita, acquista il diritto all’eredità e assume la qualità di erede con effetto dal giorno dell’apertura della successione (v. art. 456 c.c.). Assumendo tale ruolo, egli subentra nella titolarità dell’asse ereditario e dei rapporti ad esso inerenti, senza la facoltà di poter preferire determinate posizioni per escluderne altre, potendo al massimo decidere di rinunciare all’eredità, poiché non è ammessa un’accettazione parziale, condizionata o a termine. L’atto dell’accettazione è inoltre irrevocabile e non ripetibile, da compiersi entro dieci anni dall’apertura della successione o dall’avveramento della condizione, se posta.

L’accettazione pura e semplice si distingue da quella effettuata con beneficio d’inventario (v. precedente articolo), la differenza non è solo di metodo perché attiene sostanzialmente al confluire del patrimonio ereditato in quello dell’erede che ha accettato puramente e semplicemente, mentre con l’accettazione beneficiata i due patrimoni rimangono distinti e non si confondono.

Se il chiamato muore senza avere accettato l’eredità, il relativo diritto si trasmette ai suoi eredi, costituendo tale ipotesi l’unica di acquisto a titolo derivativo di accettazione ereditaria ex art. 479 c.c.

RINUNCIA EREDITA'

Consiste in una dichiarazione (quindi, in forma espressa e non tacita) ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario dove si è aperta la successione ed inserita nel registro delle successioni (v. art. 519 c.c.), con la quale il chiamato all’eredità manifesta la propria volontà di non subentrare al de cuius nei propri diritti e rapporti. I motivi che possono spingere un soggetto a questa scelta potrebbero derivare dai debiti contratti dal de cuius che superano il patrimonio da ereditare o al contrario da debiti contratti dal chiamato il quale non intende soddisfare i propri creditori con i beni che erediterebbe. La rinuncia ex art. 520 c.c. deve essere, a pena di nullità, non sottoposta a condizione, a termine o fatta solo parzialmente ed inoltre, deve essere fatta a titolo gratuito

QUALI SONO I TERMINI PER L’ACCETTAZIONE

Il diritto di accettare   l’eredità si prescrive in dieci anni ex art. 480 c.c., tale termine decorre dal giorno dell’apertura della successione e, in caso d’istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione. In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa.Il medesimo termine decennale vale per la rinuncia all’eredità ex art. 519 c.c., la quale avviene mediante una dichiarazione (in forma espressa), ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e da inserirsi nel registro delle successioni, con la quale l’erede manifesta la volontà di non subentrare al defunto nei suoi diritti e rapporti, indipendentemente dalla sussistenza o meno di un testamento. L’atto di rinuncia è revocabile se l’eredità non è stata nel frattempo acquisita da altri dei soggetti chiamati, fatti salvi i diritti dei terzi (ex art. 525 c.c.).L’accettazione espressa o tacita può essere impugnata solo per violenza o dolo, l’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o scoperto il dolo.viceversa non perfezionano accettazione tacita tutti quegli atti che il chiamato compia per fini esclusivamente conservativi o di vigilanza e di ordinaria amministrazione.

QUALI SONO I MODI DI ACCETTAZIONE

L’accettazione può essere ex art. 474 c.c.:

  1. Espressa ex art. 475 c.c., quando in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato all’eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede. Inoltre, è nulla la dichiarazione di accettare sotto condizione o a termine, parimenti nulla anche la dichiarazione di accettazione parziale di eredità;
  2. Tacita ex art. 476 c.c., quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede (comportamenti concludenti); viceversa non perfezionano accettazione tacita tutti quegli atti che il chiamato compia per fini esclusivamente conservativi o di vigilanza e di ordinaria amministrazione.

LA RINUNCIA PUÒ ESSERE IMPUGNATA E QUANDO

I soggetti legittimati ad impugnare la dichiarazione di rinuncia, che si prescrive in 5 anni da quando questa viene prestata, sono i creditori del rinunciante se danneggiati ex art. 524 c.c., o lo stesso dichiarante, come i suoi eredi e creditori. Tuttavia la stessa può essere impegnata solo se ricorrono due condizioni ovvero è stata estorta (minaccie, violenza, ecc) o per dolo art. 526 c.c., sussistendo il termine di prescrizione di 5 anni che decorre dal giorno in cui è cessata la violenza o è scoperto il dolo

QUALI CONSEGUENZE PRATICHE COMPORTA L'ACCETTAZIONE

Ad esempio, se un soggetto chiamato all’eredità volesse vendere un bene dell’asse ereditario dovrebbe antecedentemente/contestualmente all’atto di compravendita accettare l’eredità davanti al notaio con una propria dichiarazione, divenendo questa di fatto obbligatoria. Difatti, la presentazione della dichiarazione di successione presso l’Agenzia delle Entrate competente non costituisce accettazione tacita dell’eredità come comportamento concludente, diverso sarebbe il caso della riscossione dei canoni di locazione di un immobile da parte del chiamato all’eredità per conto del de cuius, essendo questo invece un comportamento che denota la volontà di accettare l’eredità. viceversa non perfezionano accettazione tacita tutti quegli atti che il chiamato compia per fini esclusivamente conservativi o di vigilanza e di ordinaria amministrazione.

QUALI EFFETTI PRODUCE LA RINUNCIA

1. La dichiarazione produce un effetto retroattivo dal momento dell’apertura della successione ex art. 521 c.c., come se il rinunciante non fosse mai stato chiamato all’eredità, ed è revocabile ex art. 525 c.c. entro i termini decennali di prescrizione, salvo che l’eredità non sia stata già acquisita dagli altri soggetti chiamati e senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni dell’eredità.
2. La devoluzione dell’eredità non accettata, in caso di successioni legittime ex art. 522 c.c., se vi sono discendenti o in loro assenza ascendenti del rinunciante si applica l’istituto della rappresentazione e questi potranno accettare o rinunciare la quota del rappresentato; in assenza di questi si accrescerà la quota degli altri coeredi. Nel caso in cui il rinunciante sia il solo chiamato, l’eredità si devolve ai soggetti che sarebbero chiamati alla sua eredità in caso di dipartita.
Con riguardo alle successioni testamentarie ex art. 523 c.c., se non è stata disposta una sostituzione e non può avere luogo la rappresentazione, la parte del rinunziante si accresce ai coeredi in chiamata solidale o si devolve agli eredi legittimi

COSA ACCADE SE SCADE IL TERMINE PER ACCETTARE

 

Trascorsi dieci anni il diritto di accettare si prescrive, vale a dire si perde ogni diritto sull’asse ereditario che si devolve secondo le regole stabilite per legge. Inoltre, secondo un orientamento giurisprudenziale, non sarebbe preclusa un’accettazione tardiva oltre il termine suddetto, nel caso in cui la sua prescrizione non sia stata eccepita o opposta da terzi.

viceversa non perfezionano accettazione tacita tutti quegli atti che il chiamato compia per fini esclusivamente conservativi o di vigilanza e di ordinaria amministrazione.

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